WE WERE SOLDIERS
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WE WERE SOLDIERS
WE WERE SOLDIERS
Titolo: We Were Soldiers - Fino all'ultimo uomo (We Were Soldiers)
Regia: Randall Wallace
Sceneggiatura: Randall Wallace
Fotografia: Dean Semler
Interpreti: Mel Gibson, Madeleine Stowe, Sam Elliott, Chris Klein, Greg Kinnear, Keri Russell, Barry Pepper, Don Duong, Ryan Hurst, Robert Bagnell, Marc Blucas, Josh Daugherty, Jsu Garcia, Jon Hamm, Clark Gregg, Desmond Harrington, Blake Heron, Erik MacArthur, Dylan Walsh, Mark McCraken
Nazionalità: USA, 2002
Durata: 2h. 18'
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Millesimo film di guerra degli ultimi tre anni, "We Were Soldiers" si piazza nella parte bassa della classifica in quanto ad interesse, e buon ultimo in quanto a riuscita generale. Innanzitutto il film perde il bellissimo titolo originale del libro da cui è tratto ("We were soldiers once... and young", eravamo soldati, una volta... e giovani), e soprattutto si rivela essere un'accozzaglia di stupidità difficilmente sopportabili dallo spettatore adulto. E' comprensibile che il popolo statunitense abbia bisogno di eroi, di buoni esempi, dopo l'11 Settembre, ma c'è un limite a tutto...
Il Tenente Colonnello dei paracadutisti Hal Moore si è appena trasferito in una nuova base, dove gli è stato assegnato il compito di preparare i giovani ufficiali appena usciti dall'Accademia Militare a quello che potrebbe capitargli in guerra. E' il 1965, e la guerra è quella del Vietnam. Quasi da un giorno all'altro, l'intero contingente di Fort Benning si trasferisce in Indocina per provare a vincere quella guerra che i francesi hanno perso diec'anni prima. Trasportati in elicottero alle pendici di una montagna di grande importanza tattica, il 7° cavalleria di Moore si trova in breve circondato da migliaia soldati Vietcong in quella che verrà poi definita la 'Valle della Morte'. E' uno dei primi scontri tra soldati statunitensi e vietnamiti, ed è uno degli scontri più duri di tutta quella guerra.
Dopo un prologo vergognosamente retorico, fatto di tirate patriottiche e preghiere politically correct, il film che riunisce star e sceneggiatore di "Braveheart" si sposta in prima linea e fa sperare in un deciso cambio di rotta. Ma quando il primo soldato statunitense cade a terra e mentre crepa sussurra "sono felice di morire per il mio paese", è definitivamente chiaro in quale inferno siamo capitati noi ignari passanti.
Sembra abbastanza evidente come Wallace abbia studiato per bene i film di guerra più recenti, dal soldato Ryan a "Black Hawk Dawn", in modo da riproporcene quelli che lui riteneva essere gli elementi di maggior interesse. Purtroppo per lui, e per noi spettatori, si è soffermato sull'aspetto stilistico senza osservare con attenzione la costruzione drammaturgica utilizzata da chi è venuto prima di lui. Di conseguenza, ha finito ad esempio per perdere l'efficacia degli everyday men di Spielberg in favore di un nuovo Superman in tuta verde, ha finito per ignorare completamente 'l'Orrore' narrato da Coppola e la lucida follia kubrickiana, ma non ha nemmeno fatto tesoro del 'fuori giri' cui è andato incontro Ridley Scott. Risultato: non solo un film noioso e privo di qualsivoglia attrattiva, ma una pellicola del tutto decontestualizzata dalla situazione storica che ci sta narrando. Peccato mortale, quando si parla del Vietnam.
Mel Gibson si aggira sul set con l'aria di chi ha sognato l'Amleto di Zeffirelli e si sta chiedendo perché Morticia Addams si faccia chiamare Madeleine Stowe, circondato com'è da star-in-the-making che non sanno recitare (Chris Klein e Keri Russell) e da buoni attori che sparano banalità a raffica (il giornalista Barry Pepper). Di tutto il cast - di tutto il film - si salva solo il caustico Sam Elliott, che però perde una buona occasione per prendere in giro Gibson-Moore quando questi, ferito ad una spalla, invece di dire 'ahia' imbraccia l'M-16 e fa fuori Vietcong a valanghe. Il ritorno di John Wayne, fuori tempo massimo.
tratto da cinefile.biz
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Ultima modifica di BABU il Ven Mag 02, 2008 11:25 pm - modificato 2 volte.
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